È difficile continuare il lavoro, la vita, come se non ci fosse niente. Una continua tristezza sta spostando le forze legate alla speranza, alla gioia, alla creatività. Questa brutalità, questa distruttività determinata, questa morte, questa disperazione, questo sangue voluto con tanta insistenza stanno facendo onde da tsunami in tutta l'Europa, in tutto il mondo. Uno tsunami di sangue che parte da quelle che erano delle città rinate: Kyiv, Kharkiv, Odessa, Lviv.
Come proseguire? Come pensare a produzioni teatrali, a spettacoli, a tournée, mentre i vicini vengono fatti esplodere con granate e bombe? Come solo conversare in maniera normale con i prossimi, senza cadere in un silenzio nero nel quale ogni sorriso sembra falso e senza senso?
Naturalmente, si è tentatati di pubblicare la bandiera Ucraina su tutti i canali, o di accendere le luci. Eppure, non sono queste altro che banalità davanti ad un orrore immenso? Gesti col mignolo per cullarsi nella certezza (e mostrare al mondo) di 1. aver gusto e 2. stare della parte dei giusti? Una dichiarazione del proprio ego più che un'azione sensata? Ma cosa è dunque la cosa giusta da fare?
L'istinto ti fa inviare immediatamente dei soldi all'esercito Ucraino. Ma non ho, anni fa, rifiutato di fare servizio militare per ragioni di coscienza? Devo davvero inviare dei soldi per dare armi in mano a soldati? O è sufficiente creare qui dei luoghi di accoglienza per i rifugiati di guerra in arrivo? È questa l'unica possibilità che ci rimane? Curare le infinite ferite di una nuova guerra in Europa?
Il problema di tutte le guerre è che schiacciano l'individuo, senza scrupolo, senza esitazione, senza pietà. È questo il senso della guerra, anche di questa guerra: di eliminare il potere individuale, di creare un mostro che tutto inghiotte e che paralizza di paura chi non viene inghiottito sul posto.
Certamente questa guerra non è frutto di conflitti fra paesi, popolazioni, gruppi d'interesse, ma è una guerra voluta da un dittatore. Un dittatore impazzito dalla paura di morire, che sta trasformando l'Europa nuovamente in una terra imbevuta di sangue e di lacrime e che nello stesso momento sta plasmando il suo paese in una seconda Corea del Nord. Una Russia isolata, una Russia azzittita con violenza e disinformazione, una Russia impoverita e repressa. I media indipendenti in questo paese di 146 milioni di abitanti da ieri, sabato 5 marzo sono di fatto chiusi e qualsiasi scritto contro la propaganda statale da ora in poi possono essere punite con detenzione fino a 15 anni. I nostri amici in Russia sono disperati: attraverso canali illegali vedono ancora le notizie dall'estero e dell'Ucraina. "Sono spaventata a morte dalla trasformazione del mio paese. Siamo finiti. Parole giuste per descrivere il nostro stato d'animo sono panico e depressione. È surreale. Per noi non è terribile come lo è per le persone in Ucraina. Se non avessi famiglia qui, lascerei il paese. Quello che sta succedendo è una catastrofe per l'umanità."
Il problema attuale, questo sembra indiscusso, è il dittatore. Per risolverlo, rimane solo una soluzione: rimuovere il dittatore, a tutti costi. Questo, in primis, è compito del suo popolo. Possiamo essere d'aiuto, camerati russi? O basta pubblicare i colori giallo e blu su instagram e alle volte accendere le luci?
Di cosa avete bisogno, @sascha, @marina, @oleg, @xenia @serghei?
Un anno fa abbiamo creato lo spettacolo TOTENTANZ - i diari, raccontando la storia di due fratelli Brigitta e Felix, persi nell'Europa della Seconda Guerra Mondiale. Felix, cugino di mia madre, il 4 luglio del 1943 all'età di 25 anni morì per l'esplosione di una bomba a mano a Luszk in Ucraina.
Papà, perché piangi? C'è qualcosa che ti fa male?
Sí. Sto leggendo il giornale.