Salta al contenuto

L’Inconscio prima di Freud

Con l’avvento di Sigmund Freud e della psicanalisi, l’uomo scopre di conoscere solo una minima parte della propria personalità: ciò di cui ignora l’esistenza e di cui non ha controllo contribuisce fortemente a determinare i nostri comportamenti nell’arco di tutta la vita.

Foto: Markus Zohner / PRO LITERIS
🖐🏼
Caro Markus, la pubblicazione del testo "L'inconscio prima di Freud" è molto importante, perché per vivere i sogni bisogna ricominciare da Nietzsche e dalla sua risata ... Bisogna ricominciare dal femminile della notte ... Bisogna lasciar perdere la lacrimosità di Antigone e lasciare insepolti i cadaveri, come facevano i nostri pro-pro-pro-genitori... Bisogna che Ifigenia uccida Agamennone, così non ci sarà la guerra di Troia ... Bisogna che gli Atridi si inculino tra di loro, invece di inculare il popolo greco... la nostra civiltà insomma è fondata sulla riedizione della pedofilia di Agamennone e dell'omosessualità Agamennone-Menelao... l'uccisione dei genitori è un passaggio fondamentale dello psicodramma, la grande domanda è solo come la faccio...
Un abbraccio sorridente! A.

L’Inconscio prima di Freud

Di Adolfo Santoro

Il periodo tra la fine dell’800 e i primi del ‘900 è caratterizzato dalla crisi della ragione o, meglio, della razionalità. Vengono messi in discussione tutti i valori della ragione classica: non si crede più all’esistenza di una verità assoluta, unica e conoscibile, ma la molteplicità dei punti di vista apre al relativismo.

I filosofi-matematici

Già in Cartesio c’era il seme della crisi della razionalità, quando in Meditazioni metafisiche scriveva:

Io supporrò, dunque, che vi sia, non già un vero Dio, che è fonte sovrana di verità, ma un certo cattivo genio, non meno astuto e ingannatore che possente, che abbia impiegato tutta la sua industria ad ingannarmi. Io penserò che il cielo, l’aria, la terra, i colori, le figure, i suoni e tutte le cose esterne che vediamo, non siano che illusioni ed inganni, di cui egli si serve per sorprendere la mia credulità.

Cartesio, non sapendo distinguere lo stimolo esterno dagli organi di sensazione e percezione, doveva ergere l’organo del pensiero come centralità della coscienza.

Allo stesso modo John Locke riconosceva nell’esperienza l’origine del processo conoscitivo e cercava di assumere un atteggiamento antimetafisico. Per Locke la ragione non possiede nessuno di quei caratteri attribuitigli da Cartesio: non è unica e uguale in tutti gli uomini, né è infallibile, ma ha bisogno dell’esperienza che è a sua volta limitata e dipendente dalle condizioni esterne. C’è dunque bisogno del pensiero per pensare le idee e, come in Cartesio, la centralità del pensiero porta alla fede: la metafisica, cacciata dalla porta, rientra dalla finestra.

Fu Gottfried Leibniz il primo a introdurre il concetto di inconscio. Fino a Cartesio e Locke il processo del pensiero era stato, infatti, identificato con la coscienza di pensare. Leibniz, insoddisfatto dalla soluzione di Cartesio, che aveva individuato nell’ipofisi il ponte tra pensiero e corpo, introduce un nuovo sistema metafisico, al cui centro sta il concetto di monade, che è l’atomo spirituale, una sostanza semplice, senza parti: la monade non si può disgregare ed è eterna. Contro Cartesio e Locke, che avevano identificato il pensiero con la coscienza del pensare, Leibniz afferma che l’anima pensa sempre, anche quando non si accorge di pensare:

D’altronde vi sono mille segni che fanno giudicare che vi sono a ogni momento un’infinità di percezioni in noi… , cambiamenti nell’anima di cui non ci accorgiamo perché le impressioni sono o troppo piccole o troppo numerose o troppo congiunte …

Il concetto di inconscio viene ripreso e rielaborato dall’idealismo tedesco: Fichte, Schelling, Schopenhauer, von Hartmann

Per Johann Fichte l’attività infinita dell’Io che, delimitando se stesso, genera il non-Io, è inconscia.  L’immaginazione produttiva è l’atto inconscio attraverso cui l’Io crea il non-Io, il mondo degli oggetti, per poi averne coscienza.

Per Friedrich Schelling l’inconscio è un aspetto fondamentale dell’Assoluto, inteso come identità di Natura e Spirito, di consapevolezza e di inconsapevolezza, che può essere colta solo nell’ispirazione artistica, che prelude all’attività creatrice.

Per Arthur Schopenhauer la volontà di vivere è inconscia (consegue, cioè, a un impulso inconsapevole), è unica (è al di là del principio di individuazione), è eterna (è al di là del tempo), è incausata (è al di là della causa-effetto), è senza scopo (è forza cieca che vive il momento). Le ragioni coscienti sono un prodotto tardivo della mente, sono razionalizzazioni che mascherano le inconsce e reali cause dell’agire.

Per Eduard von Hartmann, allievo di Schopenhauer, c’è un’attività spirituale inconscia dietro o al di sotto della coscienza stessa e l’inconscio è il principio unico di tutta la realtà.

Friedrich Nietzsche

Friedrich Nietzsche riafferma la distinzione tra un piano cosciente e uno inconscio nelle motivazioni del comportamento umano:

In un angolo remoto dell'universo scintillante, diffuso in innumerevoli sistemi solari, c'era una volta un astro sul quale animali intelligenti inventarono la conoscenza. Fu il minuto più tracotante e più menzognero della «storia universale»; ma fu solo un minuto. Dopo pochi respiri della natura, l'astro si irrigidì e gli animali intelligenti dovettero morire. Qualcuno potrebbe inventare una favola del genere, ma non riuscirebbe mai a illustrare adeguatamente quanto lamentevole, quanto vago e fugace, quanto inane e capriccioso appaia nella natura l'intelletto umano. Ci furono eternità in cui esso non c'era, e quando di nuovo non ci sarà più non sarà successo niente. Giacché per questo intelletto non c'è nessuna missione ulteriore che porti al di là della vita umana. Esso è totalmente umano e solo chi lo possiede e lo produce ne ha un'idea così patetica, quasi che su di esso ruotassero i cardini del mondo. Ma se noi potessimo comunicare con la zanzara, apprenderemmo che anch'essa svolazza nell'aria con questo pathos e si sente appunto il centro svolazzante del mondo. Nella natura non c'è niente di così spregevole e meschino che, con un piccolo soffio di questa forza del conoscere, non si gonfi subito come un otre; e come ogni facchino vuole avere i suoi ammiratori, così il più superbo degli uomini, il filosofo, crede che da tutte le parti gli occhi dell'universo siano telescopicamente puntati sul suo agire e pensare ...

Tutte le azioni sono essenzialmente ignote

Allora ho intrapreso qualcosa che non poteva essere fatto da tutti: sono sceso in profondità … Uomo e cose. Perché l’uomo non vede le cose? Perché vi ha interposto se stesso: egli nasconde le cose … Non è dimostrato, e anzi è una tesi contraddittoria, che il bene dell'individuo coincida con quello della società; giacché la morale consiste proprio nel chiedere all'individuo di sacrificarsi per il bene del tutto … Le parole ci sono d'ostacolo. In qualsiasi situazione i primitivi stabilivano una parola, credevano di aver fatto una scoperta. Come diversamente stavano le cose in verità! Essi avevano sfiorato un problema e mentre vaneggiavano di averlo risolto, avevano creato un ostacolo alla sua soluzione. Oggi ad ogni conoscenza si deve inciampare in parole pietrificatesi per l’eternità e così piuttosto che una parola ci si romperà una gamba ...
Ridere significa godere dell'altrui sofferenza, ma con la coscienza tranquilla .…

Chi è salito sui più alti monti, ride di tutte le tragedie del teatro e della vita ...

Potrei credere solo a un dio che sapesse danzare. E quando ho visto il mio demonio, l’ho sempre trovato serio, radicale, profondo, solenne: era lo spirito di gravità, grazie a lui tutte le cose cadono. Non con la collera, col riso si uccide. Orsù, uccidiamo lo spirito di gravità. Ho imparato ad andare: da quel momento mi lascio correre. Ho imparato a volare: da quel momento non voglio più essere urtato per smuovermi. Adesso sono lieve, adesso io volo, adesso vedo al di sotto di me, adesso è un dio a danzare, se io danzo ...
Siamo ignoti a noi medesimi, noi uomini della conoscenza, noi stessi a noi stessi: è questo un fatto che ha le sue buone ragioni. Non abbiamo mai cercato noi stessi – come potrebbe mai accadere che ci si possa, un bel giorno “trovare”? Non a torto è stato detto: ”Dov’è il vostro tesoro, là è anche il vostro cuore”; il “nostro” tesoro è là dove sono gli alveari della nostra conoscenza. A questo scopo siamo sempre in cammino, come animali alati per costituzione, come raccoglitori di miele dello spirito, e soltanto un'unica cosa ci sta veramente a cuore – “portare a casa” qualcosa. Del resto, per quanto riguarda la vita, le cosiddette “esperienze” – chi di noi ha anche soltanto una sufficiente serietà per queste cose? …
Si dovrebbe, per amore della “vita” – volere una morte diversa, libera, consapevole, senza accidenti, senza incidenti …
L’ateismo, per me, non è un risultato, e tanto meno un avvenimento – come tale non lo conosco: io lo intendo per istinto. Sono troppo curioso, troppo problematico, troppo tracotante, perché possa piacermi una risposta grossolana. Dio è una risposta grossolana, un'indelicatezza verso noi pensatori – in fondo è solo un grossolano “divieto” che ci vien fatto: non dovete pensare! …

Con l’avvento di Sigmund Freud e della psicanalisi, l’uomo scopre di conoscere solo una minima parte della propria personalità: ciò di cui ignora l’esistenza e di cui non ha controllo contribuisce fortemente, in un continuo gioco dialettico con la coscienza, a determinare i nostri comportamenti nell’arco di tutta la vita.

Commenti

Più recente