Abbiamo ricevuto un commento importante sull'ultimo articolo di Adolfo Santoro L’esperienza psicotica di Luigi Gallini, socialmente pericoloso
Buongiorno Dottore,
descrizione molto chiara della vita di Luigi Gallini, abbastanza rocambolesca! Con quello che ha passato sfiderei chiunque a rimanere centrato! E comunque nella sua realtà/mondo "centrato" lo era!
Leggendo l'articolo mi chiedo: bisogna necessariamente ricordare tutto? Oppure potrebbe bastare solo togliere, in altro modo, il "confine" fra la sua realtà e il mondo che lo circonda per fare sì che questi due dimensioni si possano amalgamare e fondere insieme: può andar bene impegnarsi solo a "migliorare", stando meglio, piuttosto che "ricordare", soffrendo?
Anna Serra
Assistente Amministrativo presso AUSL Toscana
Adolfo Santoro risponde:
Cara Anna,
nel tuo commento a quanto ho scritto la scorsa settimana in merito alla storia di vita di Luigi Gallini, che tu definisci abbastanza rocambolesca, mi hai chiesto: bisogna necessariamente ricordare tutto? Oppure potrebbe bastare solo togliere, in altro modo, il "confine" fra la sua realtà e il mondo che lo circonda per fare sì che questi due dimensioni si possano amalgamare e fondere insieme: può andar bene impegnarsi solo a "migliorare", stando meglio, piuttosto che "ricordare", soffrendo?
Le esperienze dolorose che non vengono immediatamente elaborate vengono immagazzinate in una maniera complessa come episodi nel nostro corpo. Il magazzino della memoria a lungo termine ha sede nell’ippocampo dell’emisfero cerebrale destro e, da questa sede, influenza l’organizzazione del Mio, dell’Io e del Sé della persona, dove per Sé intendo le relazioni che l’Io intrattiene con il corpo e con l’inconscio da una parte e con la realtà dall’altra.
Ciò che fa decidere all’Io l’immagazzinamento delle esperienze dolorose dipende da alcuni fattori:
1) se l’emozione, cioè la reazione all’evento, è stata più o meno tollerabile,
2) se l’evento e la reazione emotiva sono stati più o meno percepiti dalla persona e dal suo contesto di sostegno,
3) se la persona e il suo contesto di sostegno, ove abbiano percepito sia l’evento che la reazione emotiva, siano rimasti fermo nel facilitare l’inversione del segno della reazione emotiva e la comprensione dell’insegnamento dell’evento, che permette di fare esperienza per il futuro.
Se il ricordo non viene elaborato in breve tempo, questo diventa memoria e agisce le conseguenze nefaste che ho descritto. È la componente emotiva memoria, immagazzinata nel corpo come emozione negativa, che governa l’accesso al ricordo. Se la componente emotiva è resa inaccessibile alla coscienza, può permanere, tuttavia, una traccia nel pensiero, che può intrudere, più o meno ossessivamente, nel campo della coscienza. Se non si ha consapevolezza neanche del pensiero, residua uno stato d’animo di depressione, che, come quella dei bambini degli orfanotrofi, possiamo definire anaclitica.
Da questo tipo di depressione si può passare, grazie a uno stato infiammatorio cronico dell’organismo, a ogni forma di male mentale o fisico.
Queste cose furono comprese, anche se in modo non approfondito, da Sigmund Freud, quando descrisse il meccanismo di difesa della rimozione, collegata al trauma. Pierre Janet aveva aggiunto e aggiunse poi qualcosa di più: il costrutto di dissociazione.
L'isteria come prototipo di malattia mentale degli alienisti
Se consideriamo l’isteria come il prototipo di malattia mentale degli alienisti a cavallo del ‘900, Janet riteneva che la malattia mentale – il male - fosse una malattia della sintesi personale ... una forma di depressione, e cioè di riduzione delle capacità integrative, caratterizzata da un restringimento del campo di coscienza e da una tendenza alla dissociazione ed emancipazione di sistemi di pensiero e di funzioni che vanno a costituire l’intera personalità. Il restringimento del campo di coscienza fa sì che la persona abbia nel suo pensiero conscio un numero molto limitato di elementi di realtà. La tendenza alla dissociazione fa sì che i sistemi di pensiero e di funzioni separati abbiano un proprio senso del sé, un proprio ambito di emozioni e comportamenti.
Oggi possiamo dire che questi sistemi dissociati sono governati dalle memorie inconsce delle esperienze traumatiche. Quando questi sistemi dissociati si ri-attivano, la persona tende a ri-agire, a ripetere coattivamente la scena del trauma, che è ricostruita attraverso la proiezione verso gli altri in quel momento presenti nel contesto. L’altro diventa così una comparsa del dramma interiore della persona, che così riesce a essere, paradossalmente, ancora protagonista/manipolatore della sua esistenza.
La situazione più complessa
Nella situazione psicotica - e soprattutto nella situazione psicotica detta resistente all’effetto tranquillizzante degli psicofarmaci – e nella situazione di grave psicosomatosi resistente all’uso della farmacoterapia, tanto che si hanno recidive, ad esempio metastasi tumorali, la situazione è più complessa per alcuni ordini di motivi:
1) esiste una trasmissione transgenerazionale rigido ed un’altrettanto rigida adesione culturale della persona e del contesto di vita della persona al meccanismo di cura riduttivo della farmacoterapia;
2) persistono nel contesto relazionale e di cura le scissioni che hanno favorito l’insorgere del male;
3) la persona ed il contesto relazionale e di cura sono attraversati dal terrore del cambiamento.
Anche in tutte le situazioni di psicosi meno complesse, di nevrosi e di psicosomatosi, l'uso isolato del farmaco determina una dipendenza dal farmaco e una menomazione delle possibilità di vita!
La Vita è cambiamento: se non si è aperti al cambiamento, si è già morti.
Il cambiamento può avvenire però solo all’interno della presa di responsabilità di ogni persona del contesto verso se stessa, verso la propria relazionalità e verso il proprio futuro: all’interno di ogni persona del contesto relazionale emerge allora una funzione maschile – il buon padre -, che metta in sicurezza la quotidianità, in modo che l’altra funzione – la buona madre – possa incoraggiare nella fiducia in se stessi e nell’esplorazione delle proprie possibilità creative.
Il buon padre individuale, attraverso l’accordo con gli altri esseri e nel rispetto dell’inter-essere, può allora diventare il padre nostro, che è il fondamento della felicità universale sulla Terra.
Nel processo che ti ho descritto, pertanto, l’accettazione delle emozioni negative, che sono collegate a scene della storia personale, influenzata da memorie culturali e transgenerazionali, è uno dei snodi per la liberazione interiore.
In conclusione, i ricordi vanno riscritti, in modo che avvenga l’apprendere dall’esperienza e in modo che possano essere lasciati nell’oblio, mentre rimane nel proprio cuore una traccia di felicità.
È questo il senso, a mio avviso, di quanto scriveva il maestro zen Dogen:
Studiare se stessi è dimenticare se stessi.
Dimenticare se stessi vuol dire diventare parte del mondo.
Diventare parte del mondo significa lasciar cadere corpo e mente di se stessi e corpo e mente degli altri.
Con affetto,
Adolfo