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Dalla monade-bambino alla diade-madre-bambino

Una comunicazione emotiva di successo e la sottoregolazione delle emozioni negative del bambino si basano sulle funzioni dell’emisfero destro sia del caregiver che del bambino.

L’immagine di sé inconscia è mantenuta all’interno del sistema mentale del cervello destro. Foto: archivio MZ

Di Adolfo Santoro

Due immagini di noi stessi

Per il neuropsicologo americano Allan Schore proprio come abbiamo una mente conscia e una mente inconscia - un emisfero sinistro e uno destro-, così abbiamo anche due immagini di noi stessi, che interagiscono. Nella maggior parte delle persone l’immagine cosciente di sé è associata alla metà sinistra del cervello, ma questa immagine cosciente di sé è soggetta anche a influenze inconsce, perché si forma in reazione a sentimenti inconsci, traumi e paura di inadeguatezze che la persona non vuole possedere, ma che tuttavia mantiene inconsciamente. L’immagine di sé inconscia è mantenuta all’interno del sistema mentale del cervello destro ed è continuamente influenzata dalle esperienze attuali e passate.

La comunicazione fra emisferi di persone distinte

Ma questo avviene anche nella comunicazione tra persone. Proprio come l’emisfero sinistro comunica i suoi stati agli emisferi sinistri di altre persone attraverso comportamenti linguistici consci, così l’emisfero destro comunica in modo non verbale i suoi stati del sé inconsci ad altri emisferi cerebrali destri, che, attraverso gli organi di senso, sono sintonizzati per ricevere queste comunicazioni emotive salienti e intersoggettive.

Questa comunicazione interpersonale inconscia è anzi il fondamento della vita fin dalla nascita; il sé nasce come un sentimento relazionale, tanto che David Winnicott diceva: Non esiste un qualcosa come un bambino, non esiste un bambino senza la madre. Nelle dinamiche di attaccamento tra due persone il sé soggettivo basato sul corpo comunica intersoggettivamente i suoi stati emotivi in modo non verbale, da emisfero destro a emisfero destro, con un altro sé soggettivo.

L’inconcio razionale

Fu Sandor Ferenczi a descrivere per primo il dialogo intersoggettivo tra un inconscio e un altro inconscio e questo punto di vista è oggi condiviso, tanto che si parla di inconscio relazionale. Questo cambiamento del modo di concepire il bambino ha influenzato il focus dell’attenzione della neuropsichiatria infantile: mentre prima il bambino era percepito come un essere isolato che rispondeva soprattutto ai programmi genetici interni, l’Infant Research ha spostato il focus attentivo sulla diade madre-bambino.

Colwyn Trevarthen ha documentato le prime origini dell’intersoggettività umana a 2–3 mesi, quando i bambini sono pronti a impegnarsi in turni comportamentali e si aspettano una risposta sociale e una prevedibile interattività reciproca con la madre. Egli ha osservato comunicazioni emotive visive (sguardo reciproco), uditive e tattili, giocose e affettuose, in cui una madre intuitiva e il suo bambino, guardandosi e ascoltandosi attentamente, sincronizzano bidirezionalmente e regolano reciprocamente i loro stati emotivi. In tali protoconversazioni le emozioni positive di entrambi i membri di una diade vengono espresse e percepite attivamente in interazioni spontanee, reciproche e ritmiche a turno.

Transazioni emotive

Secondo Trevarthen, questo traffico bidirezionale di segnali intersoggettivi visivi, uditivi e tattili induce effetti emotivi positivi immediati: l’eccitazione e il piacere che si sviluppano all’interno della diade. Queste transazioni emotive collaborative innescano la risonanza interpersonale all’interno della diade che comunica emotivamente, generando così l’intercoordinazione di stati cerebrali affettivi positivi sincronizzati, e quindi condivisi. Ma il modello di Trevarthen si concentra anche sugli eventi struttura-funzione interni, in cui i regolatori intrinseci della crescita del cervello umano in un bambino sono specificamente adattati per essere accoppiati, mediante la comunicazione emotiva, ai regolatori del cervello adulto.

Le protoconversazioni intersoggettive sincronizzate di Trevarthen rappresentano comunicazioni non verbali rapide, reciproche, bidirezionali visive-facciali, uditive-prosodiche e tattili-gestuali tra gli emisferi destri della madre e del suo bambino in via di sviluppo.

Imaging cerebrale in vivo

L’imaging cerebrale – cioè le varie metodiche radiologiche che possono caratterizzare in vivo il cervello umano – hanno dato un ulteriore impulso all’Infant Research. Tra queste metodiche radiologiche solo la risonanza magnetica (RM) è in grado di definire l’anatomia cerebrale fornendo anche dettagli metabolici e funzionali. La RM è una tecnica non invasiva, ampiamente utilizzata, che consente nella stessa seduta di visualizzare il cervello con una definizione anatomica dell’ordine di decimi di millimetro, rilevandone anche aspetti biochimici, microstrutturali e funzionali. Le applicazioni più frequentemente utilizzate sono la diffusion tensor imaging e la risonanza magnetica funzionale (fRM). La prima si basa sul movimento delle molecole di acqua libera, per rappresentare in vivo nell’uomo connessioni fisiologiche tra varie aree cerebrali delineando circuiti funzionali cerebrali. La fRM consente invece di identificare le principali aree cerebrali deputate al controllo di funzioni di varia complessità, per esempio quelle sensitivo-motorie e altre di ordine superiore (linguaggio ed elaborazione di contenuti mentali).

L’imaging cerebrale ha permesso così di comprendere la funzione essenziale della giunzione temporoparietale destra (TPJ destra) nelle aree sensoriali posteriori dell’emisfero destro in via di sviluppo nell’invio e nella ricezione di queste comunicazioni non verbali composte di immagini cariche di emozione. È stato suggerito che il TPJ destro sia un hub – una rete informatica - centrale per la comunicazione emotiva non verbale e l’interazione tra un caregiver - cioè di chi si occupa del bambino, che è in genere la madre -  e un bambino. Queste espressioni emotive prosodiche, gestuali e facciali preverbali della diade caregiver-bambino forniscono una base per lo sviluppo dell’attaccamento. Una comunicazione emotiva di successo e la sottoregolazione delle emozioni negative del bambino si basano sulle funzioni dell’emisfero destro sia del caregiver che del bambino. Il TPJ destro è, inoltre, coinvolto anche nell’eccitazione emotiva legata alle emozioni positive e nella sincronizzazione tra il cervello di due persone. Il TPJ destro, questa hub centrale del cervello sociale lateralizzato a destra, integra input dalle aree limbiche visive, uditive, somestetiche ed emotive all’inizio della vita e per il resto della vita: questo sistema gioca, infatti, un ruolo fondamentale nelle funzioni del sé, cioè nell’elaborazione del viso e della voce, nella consapevolezza percettiva, nelle interazioni sociali collaborative e nella rappresentazione dell’esperienza emotiva soggettiva.

Il cambiamento del concetto dell’inconscio

Questa rivoluzione dalla monade-bambino alla diade-madre-bambino ha cambiato parallelamente anche il concetto di inconscio. Mentre per Sigmund Freud l’inconscio era un magazzino statico, profondamente sepolto in antichi ricordi, messi a tacere dall’amnesia infantile e svelantisi solo nei sogni notturni e in altri momentanei scivolamenti della mente conscia, Karlen Lyons-Ruth ha parlato di un inconscio bipersonale, in cui la comunicazione è attraversata da un substrato di segnali affettivi impliciti, troppo rapidi per una transazione verbale simultanea e una riflessione cosciente. Queste comunicazioni emergono nella prima infanzia e modellano lo sviluppo strutturale e funzionale delle funzioni di sopravvivenza dell’emisfero destro dell’inconscio fin dalle dinamiche di attaccamento che funziona da imprinting per il resto della vita. Questa sincronizzazione relazionale si esprime materialmente, nel cervello e nel resto del Sistema psico-endocrino-immunologico, nell’allineamento di categorie di neuroni, della glia, dell’attivazione ormonale ed immunitaria: in quello che si chiama Sistema Psico-Neuro-Endocrino-Immunitario (PNEI).

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Ma, per il momento, mi fermo qui.

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