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I limiti di Freud: l’oggettivismo dell’approccio positivista

Lo sperimentatore influenza l’esperimento a seconda che interpreti il fenomeno che gli si presenta come onda o come particella. Veniva così a cadere il principio della neutralità dello psicoanalista, legiferato da Freud.

Il principio di indeterminazione di Heisenberg: l'atto stesso di osservare una particella elementare ne modifica la posizione e la velocità del moto. Foto: Markus Zohner, 2024

Freud scrisse Interpretazione dei sogni nel 1899, l’editore lo pubblicò nel 1900 al fine di significare una nuova epoca.

Era giunto alla “scoperta” dell’inconscio, cioè di qualcosa che, almeno da Pascal in poi, cioè dal 1600, si sospettava l’esistenza. Pascal, andando al di là dello Spirito di geometria, di cui Cartesio era il simbolo, parlava dello Spirito della finezza, l’ésprit de finesse: Il cuore ha le sue ragioni, che la ragione non conosce.

Freud, animato dal suo sconfinato narcisismo, riteneva di aver detto qualcosa di nuovo e, forse, la sola novità era aver intuito l’esistenza della sessualità del bambino: era giunto a questa conclusione dopo un’autoanalisi durante la quale aveva compreso la sua ambivalenza verso suo padre, Jacob, accusato, tra l’altro, di maltrattamenti e abusi verso un fratello e verso le sorelle di Sigmund. L’abbandono della teoria della seduzione, cioè del trauma infantile di natura sessuale agito dalla generazione precedente verso i figli, avvenne dopo la morte di Jacob, avvenuta nel 1996; a questa morte, cui Sigmund reagì con un senso di colpa, segui l’autoanalisi, al termine della quale intuì che i bambini sono perversi polimorfi. Le intuizioni, come si sa, hanno valore solo se il contributo emotivo è sullo sfondo, e, nel caso dell’elaborazione del lutto per la morte del padre, l’emozione corrompeva evidentemente l’intuizione. Questa perversa teoria, oltre a mostrare che Sigmund proiettava la sua perversione in essa, accompagnò tutta la sua vita: ad esempio, Sigmund accusò di psicosi Ferenczi, che ne aveva svelato l’assurdità.

Se questo è un limite fondamentale del pensiero di Freud, ce ne sono altri molto importanti.

Un limite è di aver copiato da altri le sue teorie.

Freud sicuramente vampirizzò energeticamente e intellettualmente i suoi collaboratori fino ad indurli ad allontanarsi da lui o ostracizzarli (Adler, Jung, Reich, Ferenczi etc) o a essere corresponsabile in qualche modo del loro suicidio (Stekel, Sophie Morgenstern, Eugenie Sokolnicka, Max Kahane, Elizabeth Naef, Tatjana Rosenthal, Silberer, Tausk, Federn, Clara Happel, Vera Palmstierna, Lilly Hajdu). Ma il primo a essere intellettualmente vampirizzato fu Pierre Janet, l’allievo di Charcot: Janet, ben prima di Freud, aveva ipotizzato la psicogenesi dei disturbi mentali e aveva parlato di dissociazione. Freud oppose alla dissociazione di Janet il meccanismo di difesa della rimozione. Ma di questo ne scriverò poi.

Un altro limite è di non essersi mai completamente liberato dall’influenza del pragmatismo, proprio della scienza positivista di fine ‘800.

La rivoluzione della fisica dei primi anni del ‘900 non lo sfiorò: il suo carteggio con Einstein appare privo di passione civile. Al contrario di Jung, che osò confrontarsi con il fisico Wolfgang Pauli, Freud ignorò Werner Karl Heisenberg, premio Nobel nel 1932, che già otto anni prima aveva iniziato a parlare di indeterminazione; così sintetizzava Niels Bohr, maestro di Heisenberg, quando la teoria fu presentata pubblicamente nel 1927: In ogni esperimento compaiono simultaneamente aspetti ondulatori e aspetti corpuscolari, e il fatto che si presentano sia gli uni che gli altri dà origine al disturbo che genera le relazioni di indeterminazione.

Lo sperimentatore, dunque, influenza l’esperimento a seconda chi interpreti il fenomeno che gli si presenta come onda o come particella. Veniva così a cadere il principio della neutralità dello psicoanalista, legiferato da Freud. È lo psicoanalista, infatti, che interpreta, e interpretare, dal tedesco Deutung, significa indicare col dito. Lo psicoanalista, con un atteggiamento da voyeur, vede dal buco della serratura delle libere associazioni e indica, per quanto il buco gli lasci vedere e per quanto, invece, trascura il contesto. E il contesto non è solo quello del paziente, ma è il proprio contesto. Sì, certo, lo strumento della formazione dello psicoanalista all’interno dell’istituzione psicoanalitica e l’educazione all’uso del controtransfert, cioè del complesso delle reazioni emotive vissute dall’analista nel contesto terapeutico, sarebbero un antidoto.

Fino a che punto queste reazioni rimangono reazioni senza diventare una risposta dal profondo?

Ne scriverò la prossima volta soprattutto grazie all’approfondimento dei temi della dissociazione vs. rimozione, dell’omosessualità di Freud, dell’inconscio in Nietzsche attraverso la revisione di Ludwig Klages, del rapporto tra la famiglia Freud e l'America e, infine, del suo rapporto con l'ebraismo e il suo dio.

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