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Karlene Lyons-Ruth e il maltrattamento materno-infantile

Nello psicodramma emergono quegli elementi che fanno parte della comunicazione implicita, non-verbale, che caratterizza i primi due anni di vita, ma che accompagna il genitore/caregiver per il reso della sua vita, a meno di sue crisi che evolvano verso una consapevolezza adulta.

Photo: University of Scotland / License: Public domain

Di Adolfo Santoro

I tassi di prevalenza mondiale del maltrattamento sui minori variano tra il 12% e il 36%. Il maltrattamento infantile ha spesso effetti profondi e duraturi sul benessere fisico, sociale ed emotivo.

Il maltrattamento materno-infantile, in particolare, è associato a una genitorialità problematica che può contribuire alla trasmissione intergenerazionale di esiti sanitari e sociali negativi, man mano che gli adulti maltrattati diventano genitori. Ad esempio, una recente meta-analisi indica che i genitori che hanno subito maltrattamenti durante la propria infanzia hanno maggiori probabilità di maltrattare i propri figli. Anche i figli di genitori con una storia di maltrattamenti infantili corrono un rischio maggiore di problemi emotivi e comportamentali.

Karlene Lyons-Ruth ha elaborato un sistema di valutazione del maltrattamento di una madre verso un bambino da 0 a 2 anni: l’Atipic Maternal Behavior Inventory for Assessment and Classification (AMBIANCE). L’AMBIANCE comprende cinque dimensioni ed un sistema di punteggio da 0 a 7, che permette di collocare la comunicazione della diade madre/bambino – e, in senso più lato, caregiver-bambino - in una scala che va dall’assenza di comportamenti di maltrattamento al maltrattamento grave.

Dimensione 1: Errori di comunicazione affettiva

  • Sottodimensione 1A: segnali contraddittori al bambino: ad esempio, con voce dolce invia messaggi dispregiativi; invita il bambino ad avvicinarsi verbalmente, poi lo allontana; ordina al bambino di fare e poi di non fare qualcosa.
  • Sottodimensione 1B: incapacità di avviare un comportamento responsivo ai segnali del bambino: ad esempio, non offre conforto quando il bambino è angosciato o cade; non riesce a impostare limiti di sicurezza adeguati; ignora i segnali di resilienza del bambino; non risponde alle vocalizzazioni del bambino a lei rivolte o ad altri segnali del bambino.
  • Sottodimensione 1C: risposta inappropriata ai segnali del bambino: ad esempio, ride mentre il bambino piange/è angosciato; ignora i segnali infantili perché è troppo distante; ignora il no del bambino, minimizza/sminuisce la manifestazione di disagio del bambino

Dimensione 2: Confusione di Ruoli e Confini

  • Sottodimensione 2A: Confusione di ruoli: ad esempio, suscita nel bambino rassicurazione verso di lei; rimanda al bambino la responsabilità delle decisioni; chiede il permesso al bambino di fare qualcosa; richiede affetto dal bambino; si comporta come un bambino piuttosto che come un genitore; parla con il linguaggio infantile (non in risposta al bambino); utilizza noi per descrivere se stessa o il bambino; incoraggia il bambino ad assumere comportamenti negativi; fa finta di essere triste.
  • Sottodimensione 2B: Tratta il bambino come partner sessuale/coniugale: ad esempio, si comporta/parla al bambino in modo che sarebbe più appropriato con il coniuge; bacia o accarezza il bambino in modo sessualizzato; prende il viso del bambino tra le mani con lo sguardo prolungato.

Dimensione 3: Paura/Disorientamento

  • Sottodimensione 3A: Ha un comportamento pauroso: appare spaventata, apprensiva o ossequiosa verso il bambino: ad esempio, gestisce il bambino in modo timido o impotente; mostra sorriso con elementi di paura; si avvicina o si allontana dal bambino in modo tortuoso.
  • Sottodimensione 3B: Ha un comportamento disorientante o dissociativo: ad esempio, presenta un improvviso cambiamento dell’umore non correlato all’ambiente; tratta il bambino come se fosse inanimato; assume una postura o un’espressione simile alla trance; ha un’affettività attenuata o appiattita che lascia una sensazione di vuoto nell’interazione; passa rapidamente da un argomento all’altro o da un’attività all’altra.
  • Sottodimensione 3C: Parla con voci spaventate o disorientate: ad esempio, parla con una voce da strega o da fantasma o da spaventata; presenta un improvviso cambiamento di voce, quasi come se fosse una persona diversa.

Dimensione 4: Invadenza/Negatività

  • Sottodimensione 4A: Comunicazioni fisiche: ad esempio, tira il bambino per il polso; gli sta addosso; pulisce vigorosamente il naso del bambino; solletica il bambino quando questi si sta opponendo.
  • Sottodimensione 4B: Comunicazioni verbali: ad esempio, deride/prende in giro il bambino; zittisce il bambino che piange; utilizza una voce forte, acuta o arrabbiata; disapprova, critica o minaccia; gioca a giochi spaventosi come inseguire il bambino.
  • Sottodimensione 4C: Attribuisce in modo inappropriato sentimenti o motivazioni negative al bambino: ad esempio, suggerisce una motivazione negativa a comportamenti innocui del bambino.
  • Sottodimensione 4D: Esercita il controllo utilizzando gli oggetti: ad esempio, toglie il giocattolo al bambino nonostante che ci stia giocando; dirige il bambino verso una nuova attività, mentre è chiaramente immerso nel gioco con un giocattolo; ignora il segnale che l’attività non è piaciuta, è continuata troppo a lungo o è troppo difficile per il bambino.

Dimensione 5: Comportamento di distanziamento

  • Sottodimensione 5A: Crea una distanza fisica dal bambino: ad esempio, tiene il bambino lontano dal corpo con le braccia rigide; si alza e guarda in basso per interagire con il bambino; distoglie lo sguardo; interrompe improvvisamente l’interazione.
  • Sottodimensione 5B: Usa la comunicazione verbale per mantenere la distanza: ad esempio, utilizza le parole per creare distanza; non saluta il bambino dopo la separazione; interagisce silenziosamente con il bambino; se ne va silenziosamente senza parlare al bambino.
  • Sottodimensione 5C: Allontana il bambino da sé tramite i giocattoli: ad esempio, reindirizza il bambino verso giocattoli inappropriati in sostituzione di un contatto più stretto col genitore; utilizza un oggetto per tenere il bambino a distanza, offre oggetti al bambino a una distanza insolita.

L’AMBIANCE è uno strumento ampiamente utilizzato nella ricerca clinica, ma, nella mia pratica psicoterapica, fornisce a me e all’altro utilissimi spunti di riflessione sia nella psicoterapia individuale, sia nella psicoterapia di gruppo-psicodramma, che, a mio avviso, dovrebbe sempre essere un completamento della psicoterapia individuale. Nello psicodramma emergono, infatti, quegli elementi che fanno parte della comunicazione implicita, non-verbale, che caratterizza i primi due anni di vita, ma che accompagna il genitore/caregiver per il reso della sua vita, a meno di sue crisi che evolvano verso una consapevolezza adulta.

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Vivo all’Elba ed ho lavorato per più di 40 anni come psichiatra; dal 1991 al 2017 sono stato primario e dirigente di secondo livello. Continuo a ricevere persone in crisi alla ricerca della propria autenticità.
Ho tenuto numerosi gruppi e ho preso in carico individualmente e con la famiglia persone anche con problematiche psicosomatiche (cancro, malattie autoimmuni, allergie, cefalee, ipertensione arteriosa, fibromialgia) o con problematiche nevrotiche o psicotiche.
Da anni ascolto le persone in crisi gratuitamente perché ritengo che c’è un limite all’avidità.

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