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Il Panopticon digitale: siamo tutti sorvegliati volontari

Non siamo più costretti al silenzio, ma siamo sedotti dalla visibilità. Adolfo Santoro analizza come il potere moderno — da Bentham a Foucault, da Snowden all'IA — ha trasformato la libertà di espressione in obbligo alla trasparenza.

Edward Snowden. Credits: Backstage Magazine, MZ/5.2

Sommario

Dal carcere ideale di Bentham alla sorveglianza totale del capitalismo digitale: come il potere ci ha sedotti a raccontarci ininterrottamente

Il controllo da parte del potere oggi non passa più tanto dalla repressione o dal silenzio, ma dall'iper-esposizione volontaria: a differenza dei totalitarismi passati, che aspiravano a silenziare i sudditi, il potere non ci impone di tacere, ma ci incentiva a dire tutto senza tregua — parlare, condividere, mostrarci, trasformando l'espressione di sé in una fonte continua di valore economico e di sorveglianza. Vuole che ci raccontiamo ininterrottamente, così può estrarre dati comportamentali da mettere a profitto e da usare per la sorveglianza e il tracciamento. Non siamo più costretti al silenzio, ma siamo sedotti dalla visibilità.

La logica del capitalismo digitale seduce il nostro desiderio di essere visibili, trasforma la libertà di espressione in obbligo alla trasparenza, dove ogni parola, gesto o emozione diventa materia prima per il profitto e per nuove forme di controllo. È inquietante che questo meccanismo funzioni soprattutto grazie alla nostra partecipazione volontaria.

L'evoluzione della sorveglianza: dagli anni '80 a oggi

Fin dagli anni '80 si sono diffuse le telecamere con rischio di violazione della privacy. Negli anni '90 è iniziato il tracciamento rudimentale dei telefonini (log, cookie semplici), poi evoluto nella sorveglianza commerciale da parte di piattaforme private.

Attualmente la sorveglianza commerciale, in modo pervasivo e continuo, traccia i siti visitati, le ricerche, il tempo di permanenza, i like, i commenti, i messaggi (almeno come relazioni), i contatti, le reti sociali, la geolocalizzazione, gli acquisti, gli spostamenti e le abitudini quotidiane. Costruisce il nostro profilo comportamentale, intrude con una pubblicità mirata, prevede e influenza i comportamenti. Non si tratta di spionaggio classico, ma di estrazione sistematica di valore dalla vita quotidiana. Si serve di cookie, pixel, fingerprinting del browser, app che raccolgono dati anche in background, correlazione tra dispositivi diversi (telefono, PC, smart TV).

Snowden e la sorveglianza di Stato

Dopo l'attacco terroristico alle Torri gemelle del 2001 c'è stata una forte espansione dell'altra sorveglianza: quella fatta dagli Stati e dalle agenzie di sicurezza. Questa sorveglianza è aumentata dopo il 2007 con l'introduzione degli smartphone e dei social.

Nel giugno 2013, Edward Snowden, ex-collaboratore esterno della National Security Agency (NSA), divulgò i riservatissimi programmi di sorveglianza globale della NSA. Snowden aveva cercato di far emergere le sue preoccupazioni all'interno dell'agenzia, ma senza successo. Per un senso di responsabilità verso i cittadini e di rispetto verso il diritto alla privacy, svelò il segreto del governo al fine di promuovere un dibattito pubblico sulla necessità di bilanciare, attraverso una sorveglianza governativa trasparente e responsabile, la sicurezza nazionale e i diritti dei cittadini.

Le rivelazioni scatenarono lo scandalo del Datagate, che ha portato sul banco degli accusati il governo USA per abuso di potere e ha determinato la tensione diplomatica tra USA e Unione Europea. Questa tensione si è concretizzata anche a livello giudiziario con le due sentenze Schrems, che hanno annullato un trattato che consentiva alle aziende USA di gestire su server USA i dati personali dei loro utenti europei.

Il paradosso è che Snowden fu considerato dagli USA un criminale dissidente ed ora vive da esiliato in Russia. Un altro paradosso, più grande, è che sempre di più gli interessi di sicurezza nazionale e internazionale hanno prevalso sui diritti del cittadino, cui si impone democraticamente — cioè attraverso la manipolazione mediatica — quella logica di sicurezza, che nasconde l'insicurezza interiore di chi è al potere, e fa prevalere la normalità della guerra.

Sorveglianza totale nell'era dell'IA

Dai tempi di Snowden la sorveglianza di massa è diventata totalizzante grazie soprattutto all'Intelligenza Artificiale, che intende non solo registrare trattenendo indefinitamente i dati, ma prevedere e orientare attraverso una sorveglianza che coinvolge volontariamente la vittima — come nella sindrome di Stoccolma — una sorveglianza integrata nella socialità, normalizzata (se non hai nulla da nascondere…) e totalizzante (non viene controllato solo cosa dici, ma con chi esisti nello spazio digitale).

La sorveglianza degli Stati e degli apparati di sicurezza cerca i metadati di comunicazione (chi parla con chi, quando, da dove), il traffico Internet, i social media pubblici e i dati forniti da aziende private (con o senza mandato, a seconda dei Paesi). Utilizza le intercettazioni legali, gli accordi con piattaforme e i sistemi di sorveglianza di massa.

Il Panopticon: da Bentham a Foucault

Oggi si parla di panopticon digitale, una metafora che descrive una forma di sorveglianza continua, diffusa e interiorizzata, resa possibile dalle tecnologie digitali, in cui le persone si comportano come se fossero sempre osservate, anche quando non lo sono direttamente.

Fu l'inglese Jeremy Bentham, che politicamente faceva parte dei radicali, a coniare il termine Panopticon e a connetterlo all'idea della costruzione di una prigione circolare, con al centro una torre di controllo e con i detenuti sempre visibili nelle celle, ma incapaci di sapere quando erano osservati. Questa struttura permetterebbe, secondo Bentham, l'autodisciplina: il potere funzionerebbe anche senza intervenire.

Il progetto originale del Panopticon di Jeremy Bentham (1791): una prigione circolare con torre centrale di sorveglianza. I detenuti sono sempre visibili ma non sanno quando sono osservati. Artwork: Backstage Magazine 2025, MZ/5.2

Michel Foucault ha poi usato il termine Panopticon come modello generale del potere moderno: non violento, ma continuo, capillare, esteriore e, allo stesso tempo, interiorizzato.

Le caratteristiche del panopticon digitale

Anche nel panopticon digitale la sorveglianza è invisibile: non vediamo chi osserva, spesso non sappiamo quali dati vengono raccolti né come vengono usati, mentre algoritmi opachi sostituiscono la torre centrale.

La sorveglianza è volontaria: non siamo rinchiusi, ma pubblichiamo, condividiamo, geolocalizziamo, raccontiamo emozioni e relazioni. Il controllo passa attraverso il desiderio di visibilità.

Al posto di un solo sorvegliante ci sono piattaforme, Stati, aziende di dati, sistemi di IA: è un panopticon senza centro, ma distribuito nella rete.

Il panopticon digitale sorveglia non solo i comportamenti illegali, ma anche le abitudini quotidiane, le reti di relazioni, i gusti, le opinioni, le vulnerabilità. Inferisce, attraverso lo studio della mimica facciale, anche sugli stati emotivi.

Non punisce, ma prevede al fine dell'autocensura e della normalizzazione: l'utente (non più cittadino), sapendo o intuendo di essere osservato, modera ciò che dice, evita la dissidenza, adatta il linguaggio agli algoritmi… costruisce, alla stregua di un super-Io perfettamente interiorizzato, un sé presentabile.

Il controllo non è solo politico, ma è psicologico e culturale: non impone il silenzio, ma la trasparenza; non reprime subito, ma classifica; non ordina, ma orienta.

Cosa viene dopo

Il panopticon digitale rappresenta dunque una forma raffinata di controllo sociale, una funzione fondamentale del potere. Dalla prossima settimana esaminerò sia quali menti sono dietro al controllo sociale, sia l'evoluzione dell'idea stessa di controllo sociale. Potrò così toccare Hobbes e Rousseau, Bentham e Foucault, Orwell, Huxley e René Schérer, Noam Chomsky e Shoshana Zuboff, ma anche Zygmunt Bauman e David Lyon, l'infocrazia di Byung-Chul Han e gli studi dello Stanford Internet Observatory.

In attesa, alla maniera del Cappellaio Matto che festeggiava ogni giorno la festa del non-compleanno, auguro a tutti un buon non-Natale e, già che ci sono, un buon non-Capodanno e una buona non-Pasqua… e così via…


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Domande frequenti

Cos'è il panopticon digitale?
Il panopticon digitale è una metafora che descrive la sorveglianza continua, diffusa e interiorizzata resa possibile dalle tecnologie digitali. Deriva dal progetto di prigione di Jeremy Bentham (1785) dove i detenuti erano sempre visibili ma non sapevano quando venivano osservati. Oggi algoritmi, piattaforme e IA sostituiscono la torre centrale, creando un sistema di controllo distribuito dove le persone si comportano come se fossero sempre osservate.

Qual è la differenza tra sorveglianza commerciale e sorveglianza di Stato?
La sorveglianza commerciale (Google, Meta, Amazon) estrae dati comportamentali per profitto: traccia siti, ricerche, like, geolocalizzazione, acquisti per costruire profili e vendere pubblicità mirata. La sorveglianza di Stato (NSA, servizi segreti) cerca metadati di comunicazione (chi parla con chi, quando, da dove) per sicurezza nazionale. Dopo le rivelazioni di Snowden (2013), sappiamo che spesso collaborano: le aziende forniscono dati agli Stati con o senza mandato.

Chi è Edward Snowden e cosa ha rivelato?
Edward Snowden è un ex-collaboratore della NSA che nel giugno 2013 divulgò i programmi segreti di sorveglianza globale dell'agenzia americana. Le sue rivelazioni (Datagate) dimostrarono che la NSA intercettava massivamente le comunicazioni di cittadini americani e stranieri, inclusi leader europei. Snowden vive oggi in esilio in Russia, considerato un criminale dagli USA ma un eroe della privacy da molti attivisti.

Perché partecipiamo volontariamente alla nostra sorveglianza?
Il capitalismo digitale ha sedotto il nostro desiderio di visibilità: non siamo costretti al silenzio ma incentivati a condividere tutto. Ogni post, like, geolocalizzazione diventa "materia prima" per il profitto. La sorveglianza è normalizzata ("se non hai nulla da nascondere...") e integrata nella socialità. Come nella sindrome di Stoccolma, partecipiamo volontariamente al sistema che ci controlla.

Cosa intendeva Foucault con il concetto di Panopticon?
Michel Foucault usò il Panopticon di Bentham come modello generale del potere moderno: un potere non violento ma continuo, capillare, che si esercita non attraverso la repressione ma attraverso l'interiorizzazione della norma. Nel panopticon, il sorvegliato finisce per sorvegliarsi da solo. Foucault analizzò questo meccanismo in "Sorvegliare e punire" (1975), mostrando come scuole, ospedali, fabbriche funzionino secondo la stessa logica disciplinare.


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