di Dario Migliavacca
L'autore ha scelto di usare il simbolo Ə, chiamato 'scevà (schwa)', in sostituzione a forme grammaticali e/o lettere che definirebbero un sesso preciso.
Sono davvero solo parole? Ti invito a riflettere sull’uso che facciamo del linguaggio e sull’impatto delle parole che usiamo. Ci sono parole che fermano il mondo, lo definiscono, ne tracciano i confini e in certi casi lo trasformano: parole che intervengono, a volte inaspettatamente o ingiustamente, a cambiare il futuro di chi le pronuncia e di chi le ascolta.
Prova a pensarci.
MI VUOI SPOSARE? Nel preciso istante in cui mi sentii dire queste parole il cuore prese a battere forte nel petto, il respiro accelerò come un treno in corsa e le gambe si fecero molli, leggere, di burro. Quelle tre parole ballarono il rock and roll acrobatico nella mia testa mentre avvertivo scariche di elettricità a smuovermi le viscere. Ero felice. La mia idea di futuro stava cambiando. Anche adesso, se ci penso, sento farsi strada in me quel senso di euforia e ubriacatura e sul mio viso si fa spazio un grande sorriso.
A differenza di quando mi sono sentito dire: SEI UN FROCIO. Sempre tre parole, taglienti questa volta, costruite per ferire, per fare male, che hanno attraversato il mio corpo come una spada affilata, procurando in me smarrimento, vergogna, rabbia e dolore. Rimasi bloccato, inerme, esterrefatto di fronte a tanta cattiveria e sfrontatezza, impotente, completamente esposto, nudo e indifeso, ad un’offesa che mi fece girare la testa e mi gelò il sangue nelle vene. Chi se lo dimentica quel momento: da lì in poi capii che era meglio nascondersi. Quelle parole condizionarono la mia vita per tanti anni. Per fortuna le cose sono cambiate e col tempo, attraverso l’esperienza, mi sono corazzato e oggi non ho paura ad essere chi sono, ma non posso dire di aver dimenticato quel dolore silenzioso che mi bloccò tanti anni fa.
Al di là di questi due estremi, in cui credo moltƏ si saranno per qualche ragione riconosciutƏ, ci sono molteplici situazioni quotidiane che tuttƏ viviamo in cui le parole hanno un peso e un’importanza determinanti nel farci sentire bene o male, inclusƏ o esclusƏ, accoltatƏ o rifiutatƏ. A volte ci vengono rivolte, a volte siamo noi stessi a veicolarle, più o meno consapevolmente. In molti casi i risultati spesso non sono quelli desiderati. L’efficacia delle nostre relazioni dipende in primo luogo da una comunicazione efficace e quest’ultima è fortemente influenzata dalle parole che usiamo. Le parole possono essere finestre aperte sul mondo, ponti fra le persone che lo abitano, ma spesso costituiscono dei muri, delle barricate, sono delle distanze che mettiamo fra noi e le altre persone. Le parole non sono entità astratte come spesso tendiamo a pensare. Tutt’altro: esse creano letteralmente il mondo intorno a noi e anche quello interiore, il mondo delle emozioni più profonde, dei pensieri più intimi. Ogni parola è un mattone di quella che noi ci illudiamo essere una realtà oggettiva uguale per tuttƏ, ma che è invece il frutto di una visione personale e soggettiva.
Il linguaggio è fatto di simboli e il simbolo non corrisponde mai alla realtà, bensì ad una rappresentazione che ne facciamo e siccome (partiamo da questo presupposto) tuttƏ noi siamo diversƏ è normale che esistano realtà, o meglio rappresentazioni di essa, molto diverse. Consideriamo anche che la maggior parte dei nostri pensieri è associata a parole, che vengono espresse o che rimangano dentro di noi contribuendo a costruire la nostra personale visione della realtà. Siamo le parole che pronunciamo e che ci diciamo. Esse sono espressione di un pensiero che abbiamo nella testa, più o meno conscio. Ed è sulla base di quel pensiero che strutturiamo il nostro comportamento, le nostre scelte, le nostre preferenze.
(... continua nel prossimo articolo)
Dario Migliavacca, Professional Coach, Counselor e D&I advocacy per una multinazionale