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Spiritualità di consumo

Ci sono migliaia di movimenti, filosofie, sette, religioni, divulgatori etc. che promettono di darti un segreto che cambierà la tua vita per sempre. Mai come adesso nella nostra società iperconsumistica, fiocca la domanda (e l’offerta) per una soluzione immediata, istantanea.

Campagna laziale. Foto: Luca Massaroli

Che cos’è, per te, la spiritualità?

Partiamo dal significato collettivo della parola, prendendo la definizione così come la si trova sulla Treccani:

spiritualità s. f. [dal lat. tardo spirit(u)alĭtas -atis]. – 1. Il fatto di essere spirituale, di avere natura o carattere spirituale: la s. dell’anima, degli angeli; la s. di un rapporto di amicizia. 2. Particolare sensibilità e profonda adesione ai valori spirituali: la sua s. lo porta a disinteressarsi dei problemi concreti; uomo, artista, scrittore di grande s.; per estens.: la s. di una composizione musicale; uno sguardo, un volto di intensa spiritualità. In partic., l’insieme degli elementi che caratterizzano i modi di vivere e di sperimentare realtà spirituali, sia con riguardo a forme di vita religiosa, sia con riferimento a movimenti filosofici, letterari e sim.: la s. del cristianesimo, del buddismo; la s. francescana; i caratteri propri della s. romantica.

L’etimologia della parola porta al concetto di “soffio”, ciò che è leggero, che poi è diventato tutto ciò che incorporeo, come l’anima, gli angeli o l’ombra di un morto (dal dizionario etimologico etimo.it). Ancora non mi basta. Voglio soprattutto staccarmi dall’area semantica religiosa che si associa alla spiritualità, specie per chi è di lingua o cultura italiana. Un motivo potrebbe essere la diretta filiazione della lingua dal latino, che la chiesa ha preso come lingua ufficiale con l’Editto di Tessalonica quando Teodosio, nel 380 d.C., dichiarò il cristianesimo come unica religione accettata dall’Impero.

Cos’è per te un bisogno spirituale? Per me, ad esempio, vedere un bel tramonto è indubbiamente un bisogno spirituale. Ma ciò non vuol dire che stia necessariamente contemplando Dio o la meraviglia della creazione. Allontaniamoci ancora di più, via dalle etichette e analisi razionali. Vedo un bel tramonto, mi sento più leggero, lascio andare un peso. Quale peso? Il peso del vivere? Il logorio della vita moderna, come diceva una pubblicità di un noto amaro?

Recentemente si è appena chiuso un concorso indotto dalla società norvegese dietro alla creazione del browser Opera, che invitava a candidarsi come prossimo Guru digitale: ”Spiega in 120 parole cosa significa per te “Tabfulness” e ti spediamo su un’isola sperduta a largo dell’Islanda per una settimana, con una persona di tua scelta, e ti diamo 10.000 €.”

Tabfulness, per inciso, è il modo in cui hanno chiamato il loro nuovo metodo di gestione delle schede del Browser, togliendo ogni distrazione.

Sembra fantastico vero? L’ho pensato anche io. Ero tutto preso dalla voglia di sparire per una settimana, leggere e meditare su un’ isola dell’estremo nord e trangugiare tè caldo, libri e pesce. Allontanarsi, appunto, dalla frenesia del mondo moderno. Eppure qualcosa strideva. Leggendo il contratto, clausola dopo clausola, si evince quanto segue: "Gli iscritti concedono qui a Opera una licenza (riguardante l’utilizzo della propria immagine, N.d.a.) senza limiti di tempo, a livello mondiale, non esclusiva, priva di royalty, sublicenziabile e trasferibile per utilizzare, riprodurre, distribuire, preparare opere derivate, visualizzare e eseguire il contenuto, incluso, a titolo esemplificativo, per la promozione e la ridistribuzione in tutti i formati media."

Firmando il contratto, avevi sì la fantastica opportunità di “staccare la spina” con 10.000 euro in più in tasca, ma vendevi anche in toto la tua immagine, con la quale la ditta Norvegese può fare quello che vuole per sempre. Prima, dopo o durante l'esperienza ti vengono scattate foto, vieni intervistato, o vieni filmato mentre stai bevendo tè guardando il mare. Così potresti essere il volto di una campagna pubblicitaria, il nuovo Guru della navigazione su internet in solitaria; il tuo volto e il tuo materiale raccolto potrebbero apparire nei social di tutto il mondo come sponsor della società. Quanto ti sembra appetibile ora l’offerta?

Questo non è il punto. Lasciamo perdere l’etica, la moralità e la filosofia della questione e soffermiamoci su un altro fenomeno.

Ci sono migliaia di movimenti, filosofie, sette, religioni, divulgatori etc. che promettono di darti un segreto che cambierà la tua vita per sempre. Mai come adesso nella nostra società iperconsumistica, fiocca la domanda (e l’offerta) per una soluzione immediata, istantanea: basta ingoiare, la mattina presto, il nuovo miracoloso integratore fatto con polvere del fungo Bunaria Purpurea raccolto in Amazzonia nella prima notte di luna piena dell’anno. In queste miriadi di correnti, definiamole per convenzione anche spirituali, c’è molto spesso una identificazione come via d’uscita dal mondo moderno che si sgretola. Una via di salvezza. Spesso, purtroppo, avviene anche un processo di polarizzazione: noi che evolviamo e facciamo cose spirituali siamo diversi da voi che ancora state attaccati ai valori di una società che è in declino. Sovente quel tipo di persone ballano, saltano, meditano, fanno rituali carichi di significato e dimenticano tre giorni dopo tutto quanto sperimentato e si azzuffano esattamente come prima.

C’è qui un pericolo molto grosso. Si vede bene come le leggi di mercato hanno invaso qualsiasi aspetto della nostra vita, anche quella “spirituale”. Se fosse quindi la stessa società consumistica a permettere, in qualche modo, che esistano queste correnti? Proprio quella società dalla quale molti sentono il bisogno di fuggire. Se la spiritualità “spiccia” fosse semplicemente un altro modo di consumare? Un’alternativa al tipo di consumo piuttosto che al consumo stesso. Hai un problema, di qualsiasi natura, dal rapporto con tua madre al lavoro che non ti soddisfa. Vai a risolverlo con un ritiro o pratica temporanea particolare. Ti senti bene, accolto, ti senti leggero (ecco di nuovo l’etimo di spirito!) e ritorni alla tua routine. Passato del tempo, ti accorgi che il problema si ripresenta. Forse non hai approfondito abbastanza, o non hai coperto tutte le sfumature del problema. Allora ritorni al corso, cambi metodo, fai un altro ritiro.

La mia intenzione non è criticare le metodologie in sé. Voglio concentrarmi sull’uso che se ne fa. Perché è chiaro che c’è un disagio generale: il mondo come lo conosciamo si sta sgretolando, e qui non c’è spazio per approfondire la questione. Ma è proprio di approfondire, nel senso di andare a fondo, che parlo. Abbracciare il lato spirituale della vita è sicuramente un modo per ovviare all’alienazione dilagante della società moderna, ma attenzione: una pratica limitata, può portare certamente leggerezza e farci percepire quel barlume di una possibilità di vivere diversa; ma saltare continuamente dall’una all’altra non ti sembra come andare a fare shopping? Hai un disagio, consumi, ti senti meglio.

Cambia l’oggetto ma la dinamica è la stessa.

George Leonard, maestro di Aikido, nel suo libro Mastery parla proprio di questo: la pratica come cammino giornaliero che porta alla maestria. Un’attività che ogni singolo giorno si porta avanti, osservando i suoi alti e bassi, le sue cadute e le sue innovazioni. Senza necessariamente puntare ad un obiettivo. C’è uno scopo nel guardare un tramonto?

Ecco, questa può essere una spiritualità personale. Un’attività che ti renda leggera, che ti connetta con la parte profonda di te. Alle volte può illuminare del dolore sopito e nascosto nel tuo profondo, ma fa parte del gioco: come finire al tappeto durante un allenamento di arte marziale, o sentirsi impacciati. La pratica non è andata male, è quello che è. Ogni giorno si ritorna ad essa. Senza abbracciare necessariamente una setta o un Guru di qualche tipo. Una guida può essere utile, ma la vera guida è dentro di noi, sepolta sotto tutta la spazzatura e i bisogni inculcati dalla società. Un buon psicoterapeuta tiene per mano il suo paziente e lo forma sugli strumenti che può utilizzare per conoscere e far fronte alla propria vita psichica e sociale. Una volta compresi e appresi tali strumenti, il paziente può continuare da solo.

C’è quindi una prima fase di formazione e accompagnamento senza la quale è difficile progredire. Poi la comprensione che la vera guida, in fondo, sei tu stesso.

Un antico proverbio Zen dice:

Prima dell’illuminazione, taglia legna e porta acqua. Dopo l’illuminazione, taglia legna e porta acqua.

Quale può essere per te un’attività quotidiana che puoi portare avanti sempre, costruita ad hoc sulla tua persona, sul tuo essere, che può farti sentire più connessa con te stessa?

Cos’è, per te, la spiritualità?

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