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Il linguaggio positivo

Per concludere la sua serie, Dario Migliavacca scrive sulla comunicazione positiva. Una partenza importante per una discussione che, secondo noi, deve continuare; come confermano gli neuroscienziati: nella stessa maniera nella quale il cervello elabora le parole, le parole formano il cervello.

Da serie LIGHTS di Markus Zohner

di Dario Migliavacca

Sono poche le cose nella vita che ci riempiono di energia come una conversazione positiva. Mi riferisco a quegli scambi comunicativi che vanno a buon fine, in cui tutto fila liscio; il messaggio arriva e gli elementi della comunicazione funzionano come in un meccanismo perfetto e ben oliato; a quei dialoghi in cui si desidera ascoltare l’altro e a sua volta ci si sente ascoltati. Le parole trovano un’armonia e si incontrano, la comunicazione non verbale sprigiona grandi significati e fra le persone coinvolte si crea un legame, una connessione intima, una luce gentile e positiva. Queste conversazioni sono un vero toccasana per le relazioni e per la vita in genere. Succede anche il contrario. Sono frequenti le situazioni in cui più si parla e più ci si sente di non essere né compresi né ascoltati. Situazioni neanche troppo rare: accade spesso che tra le righe di una conversazione, o nel non verbale di chi vi è coinvolto, si leggano messaggi negativi, tensioni, approcci per nulla costruttivi. A volte vengono rivolte anche aggressioni verbali dirette, emessi giudizi o si generano fratture che lasciano irritazione e amarezza.

Ponti o muri

Le parole possono essere dei ponti che uniscono ma anche dei muri che separano. Cosa ci spinge a costruire muri piuttosto che ponti? Assenza di conoscenza o consapevolezza, ignoranza, disinteresse, resistenza o addirittura paura? L’impegno quando si vuole comunicare positivamente dovrebbe essere di portare luce dove ci sono ombre e sviluppare in noi un atteggiamento positivo e uno stile di comunicazione aperto e rispettoso. Sappiamo tutti per esperienza che una conversazione positiva è un regalo meraviglioso, anche la scienza lo ha dimostrato.

Gli abissi del no

Un dialogo costruttivo può modificare alcuni modelli cerebrali e anche la neurochimica risente del beneficio dell’uso consapevole di parole positive. È stato appurato che le parole e l’uso che se ne fa, unite alla comunicazione non verbale, attivano sostanze diverse nel nostro corpo. Per esempio, i neuroscienziati che hanno lavorato a questo tema hanno scoperto che la parola “no” attiva la produzione di cortisolo, l’ormone dello stress.

Di conseguenza, di fronte ad un no (ma anche nel pronunciarlo) è come se attivassimo uno stato di allerta, di dubbio, di chiusura e le capacità conoscitive ed empatiche si indeboliscono in presenza della negazione. Al contrario, alla parola “sì”, il cervello rilascia dopamina, un ormone cerebrale che regola i meccanismi della gratificazione e del piacere. Si genera quindi una sensazione di generale benessere.

La chimica della parola

Lungi da me l’idea di dire sempre di sì, ma dobbiamo tener presente che la formulazione delle frasi al positivo migliorano indubbiamente la comunicazione rendendola più efficace. Quella sulle parole “sì” e “no” è solo una piccola parte della ricerca condotta da Waldman e Newberg. Attraverso vari esperimenti, i due scienziati hanno dimostrato che le parole sono in grado di cambiare il nostro cervello. Si sono accorti, infatti, che alcune persone fanno uso di parole che hanno effetti negativi a livello cerebrale e la cosa peggiore è che nemmeno lo sanno. Data l’impossibilità di eliminare le parole negative dalla nostra vita, l’ideale è compensarle con quelle positive. Lo stesso vale per le conversazioni.

Un’interazione negativa va compensata con una positiva, in modo da riequilibrare non solo la relazione, ma anche la chimica cerebrale. Waldman e Newberg hanno coniato l’espressione “comunicazione compassionevole” che fa riferimento a una comunicazione basata sul rispetto e sulla sincerità. Ed è proprio questo che caratterizza una comunicazione positiva.

Silenzio e fiducia

I due ricercatori hanno evidenziato un altro degli ingredienti fondamentali della conversazione positiva: il silenzio. Le persone capiscono meglio quando separano le idee e non ne collegano più di quattro assieme e quando viene concesso loro il tempo per farlo. In altre parole, c’è una maggior garanzia di comprensione se non vengono trattati molti argomenti contemporaneamente e in velocità. Le sequenze comunicative, inoltre, sono più efficaci in presenza di pause, spazi liberi da parole e concetti ma pieni di autentica presenza e di respiri. Il silenzio è fecondo; nel silenzio si rielabora, si esplora, ci si conosce e si hanno le migliori intuizioni. Si tenga presente che il silenzio è scomodo solo per chi vuole guidare non per chi ha interesse a comprendere. Il silenzio potrebbe essere percepito come non-performance ed invece si tratta di uno spazio in cui costruire.

Un altro aspetto importante quando si è in una conversazione positiva è la fiducia necessaria per consentire un’evoluzione della persona e del rapporto che si ha con lei. Chi parla è più portato ad aprirsi in maniera più autentica e ad andare in profondità del suo problema se ha fiducia in chi lo ascolta. Quest’ultimo deve nutrire fiducia nelle risorse, nel potenziale, di chi racconta il problema, deve essere certo che il suo interlocutore ce la può fare ad uscirne riconoscendone le qualità e di conseguenza incoraggiarlo.

Il booster

Questo tema della conversazione positiva è stato uno dei primi concetti appresi nel mio percorso di formazione che mi ha portato a sviluppare attenzione al mio modo di comunicare con gli altri. Suggerisco sempre ai miei clienti di porsi in uno stato di mindfulness e di presenza consapevole quando sono impegnati in una conversazione che reputano importante o con una persona che considerano cara.

Lo stare in ascolto, la presenza nel qui ed ora, il dedicare tempo, metterci l’intenzione e la volontà di ascoltare, porre attenzione e attivare un ascolto profondo, non giudicante, accogliente e gentile, rappresentano un booster incredibile per la conversazione e la relazione e limitano il rischio di incorrere in scivoloni linguistici e comunicativi che ben conosciamo perché tutti abbiamo sperimentato. Anche una conversazione può tradursi in una esperienza meditativa che può farci capire molto degli altri e di noi stessi.


Dario Migliavacca, Professional Coach, Counselor e D&I advocacy per una multinazionale


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