Backstage Magazine # 11 | capitolo 8 – la Clownesse dell’Anno del Cane

Patrizia Barbuiani e la sua clownesse, incontro con Davide Gagliardi

Patrizia è attrice e scrittrice, il primo aprile (e non è uno scherzo) uscirà il suo ultimo romanzo “la Clownesse dell’anno del Cane” un romanzo particolare, infatti ad accompagnare la storia pagina dopo pagina non ci saranno solo fotografie, ma anche veri e propri piccoli oggetti a sorpresa, coriandoli e addirittura piume di gallina. Facciamoci sorprendere!

Ecco l'ottavo capitolo di la Clownesse dell'Anno del Cane. Buona lettura!

8

Hans aveva installato un regime del terrore dopo i quattro giorni di sbornia trascorsi sollazzandosi con una cameriera compiacente all’osteria del paese confinante. Era rientrato alla base con un’idea ben precisa. Voleva un altro figlio per dimostrare che la razza dei Meier non si sarebbe estinta con quel figlio bastardo che Inge gli aveva propinato.
Così rincasava a tutte le ore, mandava suo figlio nella stalla e obbligava Inge a sottomettersi al suo piacere. Non si preoccupava dei tentativi di difesa della moglie, delle sue perplessità, dei suoi rifiuti dovuti a malori. Egli ordinava e doveva essere obbedito. Fintanto che lei non fosse rimasta gravida non le avrebbe dato pace.

Paul ignaro delle azioni di suo padre leggeva soltanto il terrore negli occhi della madre ogni qual volta risuonavano i passi di lui nell’aia. La donna impallidiva e arrossiva con violenza, si contorceva le mani e ansimava, poi correva a occuparsi di qualche faccenda domestica per darsi un contegno. Lo sguardo di suo padre era inequivocabile. Si toglieva gli stivali infangati, il cappello floscio e la giacca inzaccherata. Poi si avvicinava a Inge e le sussurrava qualcosa all’orecchio che la faceva trasalire.
Allora Paul sapeva che doveva sparire dalla loro vista e perdersi in faccende. Strascicava i piedi a fatica giù per gli scalini, li strascicava nell’aia con lentezza esasperante volgendo ogni tanto il capo verso la cucina, li strascicava per la stalla mentre un turbinio di pensieri gli vorticava nella testolina togliendogli il respiro.
Non sapeva cosa stesse accadendo e così si sentiva impotente a intervenire. Una tempesta di sdegno e un ciclone di rabbia accumulata gli dilaniavano lo stomaco, le budella, il petto e la testa. E la vecchia credenza, suo antico rifugio, era ormai troppo piccola per contenerlo fra le sue pareti di legno e per ninnarlo calmandogli i battiti di un cuore in tumulto.

Così un giorno il corpo rispondendo a uno strano impulso lo riportò...

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